Nella mia famiglia di origine non abbiamo mai avuto animali di nessun tipo.
Solo dopo i miei trent’anni ho avuto la possibilità di avere due cani: Enta, una rottweiler dolcissima cresciuta fin da piccola con mia moglie e mia figlia, e Max, un bracco tedesco di sette anni, pieno di vita, paura e solitudine, che presi in un canile dopo la separazione da mia moglie.
Ricordo che la loro morte, avvenuta con molto anticipo rispetto alle loro aspettative di vita, non fu un momento particolarmente toccante per me, così come d’altro canto era avvenuto per la perdita delle persone a me care, come le mie due nonne e mio padre.
Non ebbi modo, in particolare, di sperimentare quella sensazione di vuoto “come se si fosse staccata a forza una parte di me” che molte persone riportano in questo frangente. Al di là della momentanea commozione e del vuoto lasciato nella mia vita quotidiana, ho quindi proseguito il mio percorso di vita senza dare ulteriore attenzione a queste due relazioni.
La vita aveva previsto di farmi sperimentare il dolore e la mancanza in altre forme.
Sicuramente c’era la sensazione che soprattutto Max, con la sua paura dell’abbandono e della solitudine, potesse essere stato uno specchio – oltre che un cane – estremamente fedele e tenace, di ciò che di me non volevo guardare o accettare. Purtroppo però si trattò di una comprensione tanto fragile quanto fugace, poiché non avevo strumenti per sostenerla né immaginavo che si potesse chiedere aiuto per una cosa del genere. E lasciai perdere.
Accadde solo alcuni anni dopo. Grazie agli studi e all’esperienza come counselor, compresi infatti che ogni cosa che costella la nostra vita (persone, animali, esperienze, oggetti) non è affatto separata da noi ma connessa da fili solo apparentemente invisibili e che, se abbiamo il coraggio e la volontà di seguirli, scopriamo che portano sempre a noi stessi, a tutte quelle parti di noi che non conosciamo – o che non vogliamo conoscere – ma che ci tirano la giacca semplicemente per mostrarci che esistono e che rappresentano, in fine, il lasciapassare per la nostra integrità e felicità.
Fu proprio a questo punto che la vita mi offrì non solo l’occasione di riportare l’attenzione a Max e alla difficile relazione che ebbi con lui, ma anche la possibilità di vedere quanto prezioso fosse stato quello che mi aveva mostrato: aspetti di me che ancora, a distanza di anni dalla sua morte, rimanevano da esplorare e approfondire nel mio cammino di crescita personale.
Lì compresi con definitiva chiarezza come il legame con il nostro cane è proprio uno di quei fili, uno dei più stabili e sinceri tra tutte le nostre relazioni, esseri umani compresi. E il momento della sua morte è quello in cui il filo è più vibrante e visibile, grazie al dolore e alla sofferenza che induce.
Io non potei cogliere questa occasione ma ho fatto esperienza sulla mia pelle di quanto il dolore legato alla solitudine e all’abbandono possa rappresentare, piuttosto che un nemico da combattere, una porta per l’accesso alle nostre parti più profonde e genuine.
E credo che sia questa la possibilità che ci è offerta anche con il dolore della perdita del nostro cane: seguire la traccia che quel legame, ancora vivo, ci mostra e scegliere di entrare in contatto con le parti di noi cui esso è collegato per osservarle con attenzione e amore e comprendere quanto il nostro compagno animale ci ha detto e quanto ancora ha da dirci.
Così, onorando il nostro cane e ciò che ci legava a lui, accade che alla mancanza e pesantezza iniziali subentrano pienezza e leggerezza e il dolore si trasforma in gratitudine. È il momento in cui immaginare, con un po’ di ironia, il nostro cane che dice, dal mondo invisibile: “Oh, finalmente hai capito. Ora ho concluso il mio compito. Quando vuoi io ci sono, sempre. Buona vita”.
Occuparci e, se necessario, farci sostenere nell’attraversare il dolore di questa perdita è un prezioso dono di cui anche il nostro cane ci sarà infinitamente grato.
Il counseling con la sua accogliente morbidezza e la sua risoluta grazia è un ottimo strumento per accompagnare questo processo.