Pet Therapy ed anziani
Nicoletta Teso

Lavoro nel mondo degli IAA da ormai quasi 10 anni e in questo lungo periodo ho potuto assistere alla grande trasformazione che ha portato la Pet Therapy ad avere un riconoscimento ufficiale da parte del Ministero della Salute in accordo con l’Istituto Zooprofilattico delle Venezie, ente accreditato dal Ministero per supervisionare tutte le attività di assistenza coadiuvate dagli animali. Il Centro di Referenza Nazionale ha istituito inoltre un albo professionale in cui tutti gli operatori pet qualificati e riconosciuti vengono inseriti: l’iscrizione al “Digital Pet” è un requisito fondamentale per poter operare nel settore.

Il rapporto tra animale domestico e padrone si è evoluto notevolmente negli ultimi decenni: sempre più persone sono ormai consapevoli di quanto un animale possa migliorare la qualità della loro vita, ciò vale in particolar modo per gli anziani e per chi vive da solo.
Sappiamo benissimo, ormai, che la compagnia di un animale porta benefici sulla salute fisica e psicologica: infatti, in alcuni casi il contatto con loro assume la valenza di una vera e propria terapia.

Ma in che modo gli animali domestici favoriscono il benessere delle persone anziane? Come funziona realmente la Pet Therapy per gli anziani?

Originariamente la Pet Therapy veniva impiegata a sostegno dei bambini autistici, tuttavia, ben presto, lo spettro dei potenziali “pazienti” coinvolti è cresciuto, includendo anche persone che non soffrono di alcuna patologia, ma che per età o altri fattori si trovano a vivere isolati. Infatti l’impatto positivo della presenza di un animale è dimostrato anche per chi non soffre di problematiche particolari, ma grazie al “pet” contrasta il normale decorso dell’invecchiamento, rendendolo più dolce e sereno.

L’introduzione degli animali nella vita delle persone anziane, porta delle modificazioni ai parametri fisici come il polso e la pressione: il risultato è che cala lievemente il rischio di infarto cardiaco e l’ipertensione. Inoltre la presenza di un animale all’interno di una struttura quale una Residenza Sanitaria Assistenziale, stimola l’anziano a prendersi cura di lui e a muoversi per accompagnare l’animale a fare una passeggiata.

Durante i nostri incontri di Pet Therapy, moltissimi ospiti vengono coinvolti nel progetto e stimolati a svolgere diverse attività con gli animali: anche gli ospiti in carrozzina traggono grandi vantaggi dall’accompagnare il loro amico a 4 zampe a fare delle belle passeggiate, durante la stagione estiva e quando il tempo ce lo permette, nel chiostro della struttura, durante l’inverno lungo i corridoi: questa è un’ottima strategia per fare dell’attività motoria, i cui benefici sul sistema circolatorio sono comprovati. Inoltre previene i piccoli, ma frequenti infortuni. Sempre per stimolare l’attività motoria si effettuano alcune attività in palestra con la collaborazione del fisioterapista: la presenza dell’animale rende tale attività meno noiosa e gli ospiti si sentono maggiormente coinvolti.

La Pet Therapy ha un impatto anche sul cervello: il cane in particolare, contribuisce in maniera concreta a ridurre le difficoltà di apprendimento e di mantenimento della memoria. Altro aspetto molto importante su cui interviene la Pet Therapy sono gli stati depressivi e gli stati d’ansia: spesso gli anziani ospiti di un RSA devono combattere contro un senso di abbandono e di perdita, sia degli affetti che della loro casa, condizione questa che spesso porta a stati depressivi di vario livello. La presenza dell’animale interviene riducendo la stato di depressione, inducendo anche una lieve diminuzione del senso di ansia e migliorando la percezione del dolore. Alcuni importanti studi scientifici hanno evidenziato come gli anziani coinvolti nei progetti di Pet Therapy, abbiano ridotto gradualmente, l’utilizzo di psicofarmaci per curare disturbi di tipo depressivo.

I cani, così come i conigli e i gatti, sono animali molto indicati in sede terapeutica, per via della facilità di interazione con l’uomo e della predisposizione a farsi accarezzare e coccolare (il termine “pet” deriva dall’inglese e significa “animale da coccole”); questo è un dettaglio non trascurabile, se pensiamo che uno degli elementi più carenti nella vita di molti pensionati è proprio il contatto fisico, che comporta la mancanza di calore umano, o in questo caso, “calore animale”. Inoltre l’animale risveglia sempre moltissimi ricordi nell’anziano, in quanto molti di loro hanno avuto in passato animali in casa da accudire.

L’impatto concreto della presenza di un cane sulla vita degli anziani è stato studiato, per la prima volta in maniera esaustiva da Brickel nel 1984. Il suo esperimento mirava ad individuare gli effetti della presenza di un animale da compagnia sui pazienti depressi di età compresa tra i 45 e gli 84 anni. I partecipanti all’esperimento erano stati divisi in tre gruppi: il primo gruppo avrebbe seguito una terapia tradizionale, il secondo avrebbe avuto l’ausilio di un cane addestrato, il terzo non avrebbe partecipato a nessuna attività di tipo terapeutico. I risultati dello studio confermano che il gruppo di pazienti che ha lavorato con il cane è quello che ha registrato i miglioramenti più significativi sulla scala della depressione. E’ emerso inoltre che, anche al di fuori della seduta terapeutica, è migliorato il comportamento, sono aumentate le interazioni tra i pazienti e con il personale ed è migliorata l’auto-analisi.

Durante l’invecchiamento si devono fare i conti anche con un crescente senso di inutilità, sopratutto quando un anziano viene ricoverato presso una struttura: occuparsi di un animale può aiutare l’anziano a contrastare questa sensazione, sentendosi nuovamente responsabile del benessere di qualcun altro.

Anche per quanto riguarda l’utilità della pet therapy nel trattamento delle demenze senili vi sono importanti dimostrazioni: semplici sequenze, come dare un ordine, premiare un comportamento adeguato e accarezzare attivano numerose competenze cognitive, di abilità e memoria che con questa patologia tendono ad inaridirsi. È anche il caso di persone affette dal morbo di Alzheimer nei primi stadi. Questa è una demenza degenerativa che provoca contemporaneamente un rallentamento delle capacità cognitive (memoria, giudizio, orientamento); una perdita di abilità nell’eseguire le attività della vita quotidiana e una disorganizzazione della personalità che provocano una grande agitazione e difficoltà di interazione. La presenza regolare e costante di un animale ha un effetto calmante e il paziente, occupandosi dell’animale, recupera quei comportamenti acquisiti nel passato, come il semplice spazzolare, l’accarezzare e il nutrire, procurando in lui un senso di valorizzazione e favorendo le reminiscenze. In queste circostanze sarebbe più adatta una Terapia Assistita da Animali in modo da concentrare il progetto interamente sul singolo individuo. La semplice presenza degli animali può scatenare reazioni emotive intense che permettono di stabilire un dialogo con le persone affette da demenza senile. I ricordi autobiografici relativi al possesso di un animale sono maggiormente accessibili al repertorio delle esperienze passate della persona con deficit cognitivo, così che la stessa è maggiormente invogliata a raccontare episodi della vita passata. Gli ospiti molto compromessi psichicamente (come soggetti affetti dal morbo di Alzheimer nello stadio avanzato) non si muovono quasi più, sono chiusi in se stessi, isolati e si esprimono in modo incoerente. In questi casi si predilige la comunicazione non verbale che andrà a sostituire la comunicazione verbale. I pazienti rimangono sensibili al contatto fisico e vengono quindi aiutati e stimolati in semplici attività come l’accarezzare e sentire il calore e la morbidezza della pelliccia dell’animale che gli può procurare un senso di sicurezza e di calma, oppure, sentirsi leccare le mani provoca un sorriso o un piccolo gesto che li fa uscire dall’apatia o dalla condizione di ansia, anche se solo per un attimo. Si crea così una relazione affettiva tra il cane e il paziente che fa emergere emozioni positive.

Posso concludere dicendo che l’obiettivo principale degli operatori s’indirizza alla riattivazione o all’apprendimento delle competenze relazionali spesso compromesse dalle patologie di cui soffrono i pazienti. Sfruttando il contesto della relazione del paziente con l’animale, il progetto di Pet Therapy si pone degli obiettivi cognitivi, motori, comunicativi e sociali, considerando che i meccanismi d’azione fondamentali di questo tipo di intervento sono:

  •   il rapporto uomo-animale, affettivo ed emozionale, in grado di arrecare non solo benefici emotivi e psicologici, ma anche fisici, quali l’abbassamento della pressione sanguigna, il rallentamento del battito cardiaco;
  • la comunicazione uomo-animale, che si basa su una forma di linguaggio molto semplice, cadenzato, con ripetizioni frequenti, tono crescente e interrogativo, che produce un effetto rassicurante, sia in chi parla, sia in chi ascolta;
  • la stimolazione mentale, che si verifica grazie alla comunicazione con l’altro, alla rievocazione di ricordi, all’intrattenimento, al gioco, fattori che riducono il senso di alienazione e isolamento;
  •  il tatto, il contatto corporeo, il piacere tattile permettono la formazione di un confine psicologico, della propria identità, del proprio Sé e della propria esistenza;
  • l’elemento ludico, cioè il gioco e il divertimento, portano benefici psicosomatici. Le persone, giocando, possono liberare le proprie energie e ricavare sensazioni di benessere e di calma;
  • la facilitazione sociale, la presenza di un animale, spesso, costituisce un’occasione di interazione con altre persone;
  • la responsabilità, proporzionale alla propria età e alle proprie possibilità, nella cura di un eventuale animale d’affezione;
  • l’attaccamento, il legame che si viene a creare tra uomo e animale può, almeno in parte, compensare la mancanza eventuale di quello inter-umano, e, comunque, favorire lo sviluppo di legami di attaccamento basati sulla fiducia, che potranno, in seguito, essere anche trasferiti ad altri individui
  • l’empatia: la capacità di identificarsi con l’animale, nel tempo, viene trasferita anche alle relazioni con gli altri esseri umani;
  • l’antropomorfismo: l’attribuzione di alcune caratteristiche umane all’animale, può rappresentare un valido meccanismo per superare un eventuale egocentrismo e focalizzare la propria attenzione sul mondo esterno;
  • il senso di comunione con la natura.
    Ecco perché possiamo tranquillamente affermare che i benefici della Pet Therapy sugli anziani sono scientificamente provati e replicati in progetti d’intervento assistito: infatti trattasi di una terapia non farmacologica da affiancare alla tradizionali terapie mediche, allo scopo di guarire o migliorare la situazione di un paziente anziano.
Pet Therapy e bambini
Nicoletta Teso

E’ scientificamente testato che la vicinanza di un animale aumenta la prospettiva di vita delle persone, cominciamo quindi a spiegare meglio il significato di Pet-Therapy (in italiano zoo terapia), termine suggestivo e ormai conosciutissimo nella nostra società, anche se a molti ancora ignoto nel suo reale e complesso significato.
La Pet-Therapy rappresenta una terapia dolce che integra, rafforza e coadiuva le tradizionali terapie mediche e può essere impiegata su pazienti affetti da differenti patologie con obiettivi di miglioramento comportamentale, fisico, cognitivo, psicosociale e psicologico-emotivo, il tutto basato sull’interazione tra uomo animale.

La presenza di un animale permette, in molto casi, di consolidare il rapporto emotivo con il paziente, favorendo il canale di comunicazione paziente-animale-medico, stimolando quindi una partecipazione attiva dello stesso.
Il presupposto bioetico su cui si fonda la Pet Therapy è che tra uomo e animale possa instaurarsi una relazione sul modello delle relazioni interpersonali e che quindi, come in ogni interazione, vi sia uno scambio di emozioni, di affetti e di sentimenti che influenzano reciprocamente i due attori.

I bambini, anche in tenera età, che partecipano a questi progetti, imparano a prendersi cura degli animali, a spazzolarli, a dargli da mangiare; queste sono tutte modalità per entrare in contatto e comprendere le emozioni e i bisogni di un essere vivente diverso da noi: un’esperienza dall’altissimo valore educativo.
I bambini che crescono conoscendo gli animali e relazionandosi con loro, hanno sicuramente una maggiore capacità empatica, sono cioè in grado di leggere e comprendere le emozioni e i comportamenti altrui in modo amplificato rispetto a chi non vive una simile esperienza. Sono allenati fin da piccolissimi, all’osservazione di gesti e di bisogni non interpretabili nell’immediato.

L’applicazione della Pet Education con bambini, a partire già dall’età pre-scolare, prevede che l’animale rivesta un ruolo affettivo notevole, grazie alla sua capacità relazionale che permette un continuo scambio emozionale. Con l’animale i bambini di tutte le età instaurano un rapporto mimico e gestuale, valorizzando la capacità non verbale di comunicazione ed affinando la propria sensibilità e ricettività ai segnali esterni di piacere e di stress del compagno di giochi.

Tramite un percorso di educazione assistita all’animale, i piccoli avranno modo di fare conoscenza attiva del cane attraverso incontri svolti con metodologia interattiva ed esperienziale. Inoltre il progetto educativo è articolato in modo da favorire un clima ricreativo e ludico finalizzato al creare uno spazio piacevole di interazione e di promozione del benessere psichico, stimolando l’allegria e il gioco.

Ricordiamo che già alla fine del 1700 in Inghilterra alcuni medici iniziarono ad utilizzare animali durante le sedute con pazienti psichiatrici. Lo stesso Freud, padre della psicanalisi, all’inizio del 1900, si avvalse della presenza di una cagnolina durante le sue sedute.
Bisognerà però arrivare al 1961 per sentire parlare di vera e propria Pet Therapy, quando lo psicoterapeuta Boris Levinson, coniandone il termine, riconoscerà ufficialmente la presenza degli animali durante le sedute psichiatriche, come una vera e propria terapia, raccontandone tutti i vantaggi e benefici nel suo manoscritto “The Dog as a Co-Therapist” e attribuendo alla terminologia il significato di “terapia per mezzo dell’animale”.
Da allora si è fatta tantissima strada, fino ad arrivare al 2015 quando l’I.Z.S.V. delle Venezie, attraverso un accordo tra Governo, Regioni e Province Autonome, compie un significativo passo verso la standardizzazione e il riconoscimento delle procedute ufficiali che regolano l’erogazione degli IAA sul territorio nazionale, anche attraverso una regolamentazione prevista dal Ministero della Salute.

Da quale età è consigliata la Pet Therapy nei bambini?
Se vogliamo parlare di terapia in sé e per se, non esiste una specifica età d’intervento, in quanto già nei neonati si sono riscontrati dei benefici enormi grazie alla presenza di un animale. Se invece vogliamo parlare di Pet Education, allora l’età indicata è a partire dai 18 mesi, ovvero quando i bambini acquisiscono un maggiore controllo motorio, che permette loro di poter interagire nel miglior modo possibile con l’animale.

La Pet Therapy è indicata per tutti i bambini o solo per bambini con problematiche?
Se parliamo di interventi di terapia, ovviamente questi sono destinati a bambini che possono presentare difficoltà motorie, relazionali o affetti da specifiche patologie, mentre gli interventi di Pet Education sono rivolti a tutti i bambini, in quanto l’obiettivo è stabilire una relazione, che nel caso di bambini e animali avviene a livello istintuale, quindi molto spontaneo e privo di preconcetti. L’animale inoltre non giudica mai, quindi anche i bambini che si trovano in maggiore difficoltà anche dal punto di vista emotivo, attraverso questa relazione speciale, hanno la possibilità di esprimersi in totale tranquillità e serenità.

Quali sono i principali benefici della Pet Therapy nei bambini?
Attraverso il contatto con gli animali si sono potuti riscontrare molteplici benefici sui bambini:

  • a livello psicologico ed educativo: interagire con un animale mette in moto il desiderio di curareun altro essere vivente e responsabilizza a quelle che sono le sue necessità e bisogni. I più piccoli che sono indubbiamente attratti dal pelo dell’animale e dalla sua vivacità, pur non riuscendo ancora a comprenderne bene i bisogni, riescono comunque a stabilire un’interconnessione con l’animale a livello istintuale, imparando immediatamente ad attendere i tempi dell’altro e la virtù della pazienza, aspetti fondamentali per imparare a vivere all’interno di una comunità e secondo regole ben precise.
  • a livello fisico: i benefici a livello fisico sono legati all’attività motoria che il bambino può fare insieme al suo amico a quattro zampe: con il cane o il gatto, ma anche con i coniglietti, il piccolo riesce subito a stabilire un rapporto affettivo attraverso il gioco. La relazione bambino-animale, basata prevalentemente sull’interazione fisica, comporta anche un miglioramento della capacità di comunicazione, in particolare dell’acquisizione del linguaggio e della competenza verbale. Il “dialogo” con l’animale rappresenta, quindi, una palestra logopedica spontanea che vede nella comprensione da parte dell’animale un forte rinforzo positivo. Inoltre il piccolo si rende conto per per comunicare non si usano solo le parole ma anche i gesti, i movimenti del corpo, le posture e in breve tempo arriva a comprendere che ogni gesto e ogni postura ha un significato: sviluppa quindi la fondamentale capacità di interpretare il linguaggio non verbale.
  • a livello sociale: numerose ricerche hanno dimostrato che il cane, oltre ad essere un compagno di giochi formidabile, ha sui più piccoli un effetto molto positivo. Potersi relazionare con un animale permette ai bambini di sviluppare l’aspetto della socializzazione e dell’interazione, di accrescere il senso della responsabilità e il valore della cura e del rispetto. Detto tutto ciò, concludo segnalando come molte ricerche scientifiche abbiano messo in evidenza come l’animale rappresenti per il bambino già, dalla più tenera età, una sorta di ginnastica mentale, di ricostituente che permette di immagazzinare una serie di modelli cognitivi da applicare poi alla realtà che lo circonda.

Per quali disturbi è indicata la Pet Therapy?
La Pet Therapy ha tantissimi campi d’applicazione in ambito medico. Può essere indicata per problemi di autismo, in quanto l’animale media nella relazione tra il paziente e il medico; nelle disabilità motorie, in quanto stimola ed incentiva agli esercizi della fase riabilitativa; nelle difficoltà di apprendimento, in quanto come detto prima, l’animale non giudica mai, trasmettendo serenità e tranquillità a coloro che diversamente si sentono sempre sotto giudizio. Nello scorso hanno scolastico ho effettuato un progetto di ricerca in una scuola primaria, per testare se la presenza degli animali nelle aule scolastiche, potesse migliorare l’apprendimento, l’autostima e il pensiero creativo degli alunni: i risultati ottenuti sono davvero sorprendenti, tanto che sto realizzando un libro che andrà in stampa verso la fine di quest’anno. La divulgazione scientifica sui dati raccolti è fondamentale per la ricerca e per avvalorare sempre più la validità degli Interventi Assistiti con gli Animali.

Ci sono delle casistiche in cui è sconsigliato l’utilizzo della Pet Therapy?
Sì, è sconsigliata nel caso di particolare allergie al pelo degli animali, o nel caso di particolari problematiche al sistema immunitario.Quali sono gli ambiti d’intervento?
Gli ambiti d’intervento sono innumerevoli: dalle scuole di ogni ordine e grado, agli ospedali e realtà mediche, alle residenze psichiatriche, alle residenze per anziani, le carceri, le comunità di minori e le comunità riabilitative e ovunque si voglia creare una nuova relazione tra uomini e animali.

Quali animali si possono portare negli incontri con i bambini?
Se parliamo di regolamentazione ufficiale, gli animali previsti negli incontri di Pet Therapy sono il cane, il gatto, il coniglio, l’asino e il cavallo.
Gli animali che regolarmente “lavorano” con me, se di lavoro si può parlare, in quanto per me loro sono dei veri e propri assistenti, sono: 2 cani di razza labrador: un maschio biondo di 10 anni di nome Devon (che non ne vuole sapere di andare in pensione!), 1 femmina nera di 8 anni, Ginevra e 1 altro maschio chocolate di 2 anni di nome Fulmine. Per quanto riguarda i cani a brevissimo arriverà anche un dolce e piccolo meticcio a farci compagnia. Vi sono poi 3 conigliette: 2 di razza nana di nome Patata e Polenta di 7 anni e 1 ariete di 2 anno e mezzo, Sandy; l’allegra combriccola è composta inoltre da 1 tartaruga di 16 anni di nome Tarti, 1 gatto di 1 anno di nome Freud e 1 pappagallino calopsite anche lui di 1 anno di nome Peter Pan. Vi sono poi altri animali che sono tutti i co-collaboratori dei membri della nostra equipe; sì perchè anche gli animali sono tutti certificati e riconosciuti come idonei per gli Interventi Assistiti, dopo aver fatto un percorso adeguato e superato un esame di idoneità. Ognuno di loro vive regolarmente con il suo coadiutore, in quanto anche la relazione tra l’animale e il suo coadiutore è fondamentale per una buona riuscita degli interventi.